Premettiamo che il discorso è complesso e va affrontato a step. In ogni caso, chi ha letto i nostri precedenti POST dovrebbe aver intuito che, a conti fatti, non sarebbe assolutamente conveniente, anche da un punto di vista economico, intentare una Class Action per il recupero dei soldi non corrisposti.
Innanzitutto, cominciamo col chiarire che la Class Action, altrimenti detta Azione Collettiva, è un’azione legale condotta da più persone che chiedono la soluzione di una questione comune con effetti per tutti i soggetti che si trovano nell’identica situazione. Quindi, in pratica, più o meno dovrebbe funzionare che i risparmiatori di Firenze, di Lecce, di Como, di Bergamo, di Cosenza ecc., indistintamente, affidano il proprio singolo caso, il proprio particolare diritto, all’Avvocato di una data Associazione dei Consumatori che, per conto di questa, cura in un unico giudizio, ma cumulativamente e seguendo una linea difensiva “collettiva”, le differenti posizioni di tutti gli assistiti aderenti.
E’ però necessario sapere che la Class Action in Italia non funziona come in America. A dirla tutta, è opinione assai diffusa (e non, quindi, solo degli scriventi) che tale strumento, nel nostro Paese, non sia proprio decollato. E questo non solo a causa degli ulteriori e indispensabili interventi legislativi richiesti da più parti (consigliamo, al riguardo, di approfondire sul web tale tesi).
Ad ogni modo, a prescindere da quanto testé, e al di là degli attuali problemi operativi sull’individuazione del Tribunale competente presso cui incardinare una comune causa di risparmiatori residenti in parti diverse d’Italia; in disparte, inoltre, i dubbi sulla concreta validità di una sentenza di mero principio (infatti per avere i soldi, alla fine, si sarebbe costretti a procedere con ulteriori azioni) e sui tempi, in definitiva, più lunghi rispetto alle azioni individuali, ecc. ecc., due sono le ragioni (di cui la prima che diremo è fondamentale) per cui un Avvocato serio e preparato dovrebbe sconsigliare, in questo caso, di fare ricorso a tale strumento. Ci riferiamo al fatto che sfugge ai più (e purtroppo non solo ai cittadini comuni ma anche agli “addetti ai lavori”) che nella vicenda di cui all’oggetto, ci piaccia o no, non si discute di una violazione di norme e, dunque, di una presumibile condotta scorretta e antigiuridica di Poste Italiane spa.
E’ ormai noto a tutti, infatti, che esiste una maledetta legge (la n. 588 del 1974 che ha modificato il D.P.R. n. 156/73) che legittima (e giustifica in partenza) la diminuzione dei saggi di interessi, da parte della prefata società, sui buoni emessi negli anni ed in possesso dei malcapitati sottoscrittori.
E allora, in virtù di questo dato incontrovertibile, ed indipendentemente da tutte le altre ragioni (sopra dette o taciute in questo articolo per esigenze di sintesi), la conclusione è che un’eventuale azione collettiva contro Poste sarebbe destinata, inevitabilmente, ad essere dichiarata inammissibile. Semmai, se fosse possibile, cosa che assolutamente non è, la class action andrebbe fatta contro il parlamento italiano che ha emanato una legge, dal nostro punto di vista, ingiusta!
In conclusione, fino a quando per gli Avvocati l’obiettivo su cui puntare i propri fucili continuerà ad essere “la discutibile condotta di Poste Italiane”, e non invece la “demolizione” di quella famosa legge e di tutti i Decreti Ministeriali che ne sono seguiti, saremo destinati a perdere tempo, a fare soltanto chiacchiere da bar e a non agire concretamente per andare a riprenderci i nostri, sacrosanti, soldi.
da ultimo, vi ricordo che per cambiare una legge ingiusta è necessario che a scendere in campo siano Avvocati con estesa conoscenza in tutte le branche del diritto e non solo in ambito consumeristico.
Avv.ti Emma Iocca e Raffaella Chiappetta www.studiolegaleioccachiappetta.it
…rileggendo ci accorgiamo di aver dimenticato di dirvi una cosa…chi di voi indovina a cosa ci riferiamo?