POST N° 4 – Buoni fruttiferi sui quali è sicuramente illegittima la decurtazione degli interessi

Nel precedente POST N° 3 abbiamo detto che i risparmiatori livornesi erano in possesso di BFPT (buoni a termine) della serie “AA” che a norma del D.M. dell’83 potevano essere riscossi dopo massimo 8 anni e con la triplicazione del capitale investito (cioè la restituzione del capitale oltre 2 volte il capitale a titolo di interessi).

Ed abbiamo anche detto che in forza del successivo D.M. dell’84, istitutivo della nuova serie “AB”, i vecchi modelli di buoni cartacei, ancora nelle casse degli Uffici postali, a far data dal primo luglio ’84, dovevano considerarsi non più della serie “AA” ma di quella nuova “AB” (che prevedeva un termine per la riscossione più lungo, e cioè di 9 anni anziché 8). E potevano essere considerati tali a patto che sugli stessi gli impiegati apponessero n. 2 bolli recanti sia la dicitura “serie AA-AB” che la diversa durata (di 9 e non più di 8). Tali indispensabili indicazioni servivano ad avvisare i sottoscrittori che, in realtà, stavano acquistando buoni della nuova serie, recanti diverse e più onerose condizioni (cioè un termine di scadenza per chiedere il rimborso più lungo).

In buona sostanza, ai due signori di Livorno era accaduto che sebbene questi avessero sottoscritto nel 1986 (quando cioè era già in vigore il D.M. dell’84 che aveva istituito la serie “AB” con durata di 9 anni) i postali avessero consegnato vecchi buoni cartacei della serie “AA” dimenticando di apporre sugli stessi i due timbri indispensabili per poterli considerare della serie “AB” (“serie AA-AB” e durata di 9 anni).

In ragione di ciò, gli ignari livornesi, sulla base di quanto risultava indicato nelle stampigliature dei buoni in loro possesso, portavano all’incasso i titoli alla scadenza dell’ottavo anno ricevendo una somma pari a 3 volte il capitale investito.

Sennonché Poste Italiane, dopo aver proceduto al rimborso, sostenendo che tale importo, i livornesi, lo avrebbero potuto pretendere solo dopo 9 anni dalla sottoscrizione dei buoni, facendo leva su una norma del D.M. dell’84 che prevedeva che in caso di rimborso anticipato i tassi di interesse da applicare non erano quelli propri dei BFPT ma quelli dei buoni fruttiferi ordinari, su 21.000 euro rimborsati ne chiedevano la restituzione di quasi 4.000 euro.

Sia il Pretore che il Tribunale di Livorno respingevano la domanda di Poste dando ragione ai due risparmiatori.

La questione finiva in Cassazione che, a sezioni unite, nel 2007 con sentenza n. 13979, dichiarava che (ndr: per il momento, detto molto in sintesi), malgrado ai sensi dell’art. 173 del DPR 156/73 e del D.M. 16.06.84, il saggio di interesse da applicare è quello previsto dalla legge a prescindere dalle indicazioni figuranti sui titoli (cosa questa che avrebbe potuto far vincere la causa a Poste), considerato che comunque vi era un obbligo per l’ufficio postale di indicare il differente regime degli interessi vigente nel caso in cui venissero utilizzati modelli di buoni preesistenti, i livornesi non dovevano restituire alcunché, in quanto non erano stati edotti, al momento della sottoscrizione dei buoni, che i buoni della serie “AA” in realtà erano quelli della serie “AB”.

In pratica, in assenza dell’evidenza della variazione delle condizioni non erano stati messi in grado di valutare la convenienza dell’investimento.

Cosa si deduce, in sintesi, dall’insegnamento della sentenza n. 13979 resa dalla Cassazione a S.U. Nel 2007?

a) che non furono i risparmiatori a chiedere la differenza degli interessi ma Poste a pretenderne la restituzione;

b) che la decisione della Cassazione riguarda un caso di rimborso di BFPT (buoni a termine) e non BFPO (buoni ordinari come quelli delle serie I,L,M,N,O,P,Q,R…);

c) che la vittoria dei due risparmiatori è stata dichiarata a causa di una dimenticanza commessa dagli impiegati postali;

d) che non si può pensare di impostare una causa contro Poste per ottenere un maggiro importo di quello rimborsato facendo leva sulla sentenza della Cassazione n. 13979 del 2007.

Dunque ci state dicendo che non vale la pena fare causa contro Poste per far valere i nostri diritti?

Assolutamente NO, ma vi sto dicendo che per avere possibilità di vincere, noi Avvocati dovremo fare leva su ben altre argomentazioni difensive.